giovedì 3 giugno 2010

Il (doppio) rischio imprenditoriale

Ci sono migliaia di manuali che insegnano ad essere imprenditori, tra le pubblicità di Facebook ne trovo un sacco e spesso mi divertono le frasi con cui sono promossi.
Indubbiamente per essere imprenditori e dirigere un’azienda bisogna avere svariate nozioni di marketing ed economia, bisogna sapere quello che si sta facendo, i limiti legali e morali, la sicurezza nei locali di lavoro, le tipologie contrattuali, le percentuali di tassazione e così via…ma ci sono due cose da tenere sempre a mente, che pochi libri insegnano: Rispettare sempre le richieste del cliente e imparare a farsi pagare!lucaderiublog.blogspot.com_soldi Le richieste del cliente sono la prima cosa da tenere in considerazione. Quando lavoravo come designer, assunto come dipendente, ero convinto di avere idee migliori rispetto alle richieste dei clienti e qualche volta facevo di testa mia. Non era rilevante che le mie idee fossero geniali o pessime, se non rispettavano la volontà del cliente, venivano scartate o viste come negative.
Se dovessi tornare indietro sicuramente starei più allineato alle direttive: se il cliente chiede un interno capovolto, una figura umana appiccicata nel render in Photoshop, o un prato rosa, quella è la cosa giusta da fare.
Non rispettare le richieste del cliente (o del superiore) significa, in un certo senso, affermare che la propria opinione è la migliore; nulla è più irritante di dover pagare per sentirsi dire che la propria opinione sia migliorabile, e trovarsi di fronte un lavoro diverso da quello che ci si aspettava.
Se ordino una Maserati rosa significa che la voglio rosa; se mi viene consegnata nera o cromata non va bene, perché io la volevo rosa…e solo per quel colore sono disposto a pagare!
Un altro punto che viene spesso tralasciato è il fatto di farsi pagare, ossia concretizzare la monetizzazione del proprio tempo, offerto sotto forma di capacità lavorative specifiche. A differenza di quanto si possa pensare, essere pagati per un lavoro svolto, non è una cosa così immediata, specialmente in questi tempi di crisi, in cui tutti vogliono ottenere, ma nessuno è disposto a dare.lucaderiublog.blogspot.com_bancarotta Entrano così, sempre più spesso, in gioco procedure legali per sottolineare che, oltre alla retribuzione del lavoro svolto, debba essere corrisposta una percentuale pari alla mora, accumulatasi nel periodo tra il trentesimo giorno dopo la scadenza della fattura ed il pagamento della stessa. Sembra una stupidaggine, ma sempre più di frequente stiamo diventando vittime dei “buonismi” di concedere pagamenti a 30, 60 o 90 giorni. Nelle scuole non insegnano che a volte viene richiesto il pagamento differito di un certo numero di giorni.
Più di una volta mi è capitato di sentire “noi siamo abituati ad effettuare il pagamento a 60 giorni”, dove per 60 giorni si intende la fine del mese che contiene il 60° giorno dopo la consegna del lavoro finito…nella peggiore delle ipotesi 3 mesi di attesa.
Il significato è molto semplice: l’imprenditore, oltre al proprio rischio imprenditoriale, deve farsi carico del rischio del cliente, e se dopo la scadenza il cliente non vuole pagare, è libero di farlo (fermo restando i rischi a cui andrà in contro).
Attenzione però, perché da quando viene emessa la fattura, questa entra nel trimestre fiscale e bisogna anticipare allo Stato l’IVA.
Vogliamo fare due conti? Come imprenditore devi sostenere ovviamente delle spese tra cui affitti, rifiuti, 626, inail, spese accessorie, stipendi e relativi contributi, pulizie, inps, materiali, ammortamenti, cancelleria, connessione a internet, riscaldamento, acqua e così via…senza contare che, essendo un essere umano, sono presenti delle necessità di vario tipo (senza scendere nel dettaglio personale almeno un letto, un pasto al giorno, una doccia, un abito…i famosi beni impignorabili, almeno quelli).
Supponiamo quindi di effettuare un preventivo da 10.000 € (e notare bene che se vengono preventivati 10.000, questi devono essere!)
Nell’importo si trova la sommatoria di tutte le spese più un minimo di ricavo…diciamo 9.500€ di spese e 500 € guadagno.
Una volta finito il lavoro, viene emessa la fattura, ma nel frattempo, visto il pagamento in differita, è necessario anticipare i 9.500€ ai dipendenti e alle varie istituzioni (non è possibile evitare di pagare l’INPS solo “perché il cliente non mi ha ancora pagato”, così come non puoi pagare l’elettrauto in differita, lui i soldi GIUSTAMENTE li vuole subito, vedi diritto di ritenzione art 2756 del Codice Civile).
Se inoltre passa il trimestre, è necessario versare anche l’IVA, che di fatto non è un costo, ma è veramente una grande seccatura! L’IVA ammonta al 20% della fattura di 10.000 €, ossia equivale a 2.000€ (che comunque non entrerebbero nelle nostre tasche), ma che dobbiamo tirare fuori ancora prima di prendere la nostra misera fetta di 500 €.lucaderiublog.blogspot.com_law  Come tutelarsi?
Personalmente io mi sono studiato un po’ di legge ed economia e, per sicurezza, in casi delicati sono tutelato da tre legali che fino ad oggi hanno brillantemente risolto i “disguidi”.
Consiglio una grande cautela quando si gestiscono capitali grossi, così come quando si gestiscono quelli piccoli (nessuno ha voglia di pagare centinaia di migliaia di €, così come nessuno ha voglia di intraprendere procedure legali per somme minuscole). Abbinare lo studio alla pratica è la migliore delle lezioni, nessun libro ti insegna bene a lavorare, perché non contiene il lato pratico, ed in modo analogo, nessuna esperienza formerà più di un tot, perché è priva della teoria di base. È inoltre indispensabile una buona dose di voglia di fare, per non lasciarsi scoraggiare dopo la prima fregatura.

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